martedì 27 ottobre 2009

Non vi supporto più

Il 1963 è un anno fondamentale. Non solo per l’uscita dei primi due dischi dei Beatles (Please please me e With the Beatles!!!) ma anche per l’invenzione della musicassetta.
L’idea (e la produzione) ce la mise la Philips e nel 1965 divenne vero e proprio prodotto di massa. Evoluzione analogica, rivoluzione del costume. A dispetto “dell’ antenato” vinile aveva parecchi punti forti: piccola, leggera, economica, trasportabile.
Ci provarono anche un tale Bill Lear che lanciò lo Stereo 8 e la Ford che iniziò ad installare dei lettori appositi sulle sue auto.
Ma la Compact Cassette la spuntò su tutti e dormì sonni tranquilli fino al 1980 quando la Sony (...la Philips lo zampino ce lo mise comunque) lanciò sul mercato il Compact Disc!
Fine di tutto. O Quasi.
O Meglio, il CD non fagocitò in un sol boccone i suoi obsoleti predecessori. Il vinile resiste, eccome. La musicassetta purtroppo...in fin di vita.
Ma si sa che le insidie non sono sempre prevedibili ed il figlio prediletto della nuova era digitale si fa fare le scarpe (ci siamo quasi?) dal figlioletto che porta sempre più spesso in grembo: l’mp3.
E’ cambiata la prospettiva dell’ascoltatore - consumatore, ce ne siamo accorti. Non è più il supporto più efficiente a divenire il veicolo prescelto per la diffusione di un contenuto ma è il contenuto stesso che diviene veicolo di se stesso. A consentire tutto ciò, come oramai di consuetudine, internet.
Download, filesharing, P2P ecc...hanno dato il via a questa auto diffusione contagiosa ed inarrestabile della quale il CD è l’ultima (ed eventuale) ruota del carro.
La perfetta compatibilità dell’mp3 con prodotti tecnologici (lettori, chiavette, telefoni) e l’interfacciabilità di questi ultimi con strumenti di ascolto di uso comune in auto, a casa, ecc... rendono sempre meno necessaria l’impressione della musica sulla superficie finita di un CD.
Ci sarà un epilogo anche per questi ultimi ritrovati ultraveloci, ultraperformanti, ultracapienti?
Sì di certo! A guardare appena un poco più avanti, quando i computer saranno così piccoli da potersi agevolmente trasportare come un cellulare e le connessioni veloci saranno fruibili a costi ragionevoli in ogni angolo del globo cosa spingerà il fruitore di musica medio, il curioso superficiale a ricercare la musica, scaricarla, organizzarla, infilarla in un lettore o simili?
Streaming e ancora streaming!
Milioni di playlist (più o meno fidate), video e tanti, tanti portali sempre e ovunque a disposizione.
Miliardi di file condivisi, linkati, organizzati, taggati affinché catturino il più in fretta possibile l’attenzione dell’utente in quel poco tempo che già egli stesso mediamente spende per la ricerca.
Ma dove sta' la qualità in tutto questo?
Chi la musica la ama davvero dirà che no, che lui non cadrà in questa rete, che la musica va assaporata, masticata, gustata e poi forse ingerita....non come adesso, solo inalata!
faccio parte dei primi e per noi ci sarà sempre un CD, un vinile, forse anche una cassetta a saziare il nostro sano appetito; siamo i fidelizzati, la fetta di mercato consolidata, nei secoli dei secoli fedeli.
Si leggeva su Wired che Clay Shirky (professore della cattedra dei Nuovi Media alla New York University) non sembra essere del tutto d’accordo con questa visione qualitativo-centrica della fruizione musicale.
“ No credete al mito della qualità ” ha affermato ad una conferenza di editori.
L’industria discografica in principio derideva l’mp3 perché rispetto al CD aveva una qualità pessima.
Ma il vero punto di forza di questo formato, lo abbiamo detto, è l’estrema facilità di diffusione, di condivisione. La qualità passa in secondo piano.
E passa oggi e passa domani l’mp3 diviene standard.
Jonathan Berger, professore di musica alla Stanford University ha a tal riguardo completato uno studio durato 6 anni che ha coinvolto i suoi studenti.
Ogni anno chiedeva ai nuovi arrivati della sua classe di ascoltare gli stessi brani in formati digitali diversi, dagli mp3 standard ai file hi - fi non compressi e di esprimere le rispettive preferenze.
Intuite già il risultato....l’mp3 è il formato preferito, soprattutto per ascoltare rock!
Berger chiama questo fenomeno “ il fruscio delle percussioni ”, ossia la distorsione che caratterizza la musica compressa. Secondo le orecchie di questi giovani è così che la musica dovrebbe essere!!
Quando tra qualche anno, discutendo tra loro sui bei vecchi tempi, tireranno in ballo la musica e l’ascolto della musica come termine di paragone per qualche nuovo e bizzarro formato fantadigitale potranno dire che sì, ai tempi dell’mp3, la musica suonava davvero alla grande.

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